Manuela Vinai, giovane antropologa, esce in libreria con una ricerca nuova e controcorrente.
Il mondo del gambling è un mondo collegato a diversi settori. All'economia, senza ombra di dubbio, data anche la sua conformazione di industria trainante per molti stati. Alla tecnologia e a tutto quello che è grafica, design, digitale e innovazione e quindi per riflesso al cinema, alla televisione addirittura ai libri e ai fumetti. Infine anche ad alcune scienze, come la psicologia, senza ombra di dubbio, che studia i procedimenti cognitivi e inconsci del giocatore. E adesso, stando alle ultime ricerche, si aggiunge un nuovo link: quello dell'antropologia.
Lo ha dimostrato Manuela Vinai, giovane antropologa che ha condotto uno studio molto particolare: per quasi un anno è stata osservatrice delle sale da gioco del Piemonte, per studiare i loro frequentatori e capire il loro stile di gioco e di vita. Un modo unico per poter scattare un'istantanea del mondo del gambling nostrano.
La ricerca, nata dalla volontà delle ASL di Vercelli e Biella, è stata tradotta in un libro, appena pubblicato dalla casa editrice Meltemi, dal titolo “I giocatori. Etnografia nelle sale slot della provincia italiana”, e cerca soprattutto di rispondere alla domanda: c'è effettivamente conoscenza del mondo delle sale, dei bingo, delle slot da parte di chi dovrebbe controllarle o, addirittura, contrastarle? La risposta di Manuela Vinai, che ha recentemente rilasciato un'intervista a Il Venerdì, settimanale di Repubblica, è particolare. Perché fa riferimento a un ambiente, quello delle sale gioco, molto variegato, che ti permette di vedere nell'arco di 24 ore tante persone diverse, di diversa provenienza sociale ed età: il gruppo di amici under 25, il pensionato, la donna in pausa pranzo, il genitore col figlio, la coppia di fidanzati.
Quello che cerca di affermare l'antropologa è che i giocatori non sono tutti malati, anzi. Cerca quindi di smontare un luogo comune, un sentire comune che è stato influenzato soprattutto dalla gran parte delle ricerche sul gambling italiano, che hanno trattato il gioco solo nella sua componente negativa e patologica. Così la società ha interiorizzato l'idea che l'azzardo sia una malattia, senza se e senza ma, finendo così per trattare tutti gli appassionati come malati.
La Vinai si è detto anche sorpresa di come, grazie al gioco, si riescano a instaurare relazioni, spesso anche sentimentali e intime, tra clienti e personale, con una grande solidarietà reciproca: spesso sono infatti i gestori e gli assistenti di sala a intervenire nei casi che presentano problematiche. E riescono a farlo in maniera mirata perché li conoscono, sono amici, sanno come comunicare con loro.
Ma il libro non si limita semplicemente a fotografare e a descrivere, si spinge anche ad alcune proposte di cambiamento, in ottica di prevenzione: si deve investire sulla formazione e l'aggiornamento dei gestori e del personale di queste slot, in maniera da sfruttarne e aumentarne le competenze. Serve responsabilizzare tutta la filiera e fermare, invece, il processo di demonizzazione.