L'Agenzia delle Dogane dovrebbe a breve pubblicare la Determina Direttoriale con cui entrerà in vigore l’Albo dei Punti Vendita Ricariche. Il testo dovrebbe completare l'iter entro fine ottobre, quando è prevista l'operatività del sistema per la registrazione all’Albo.
L’iscrizione costerà 100 euro all’anno e la registrazione avverrà solo in modo telematica. Tale albo sarà rivolto ai «titolari di rivendite, ordinarie o speciali, di generi di monopolio autorizzati alla raccolta di giochi pubblici, nonché ai soggetti che esercitano attività di punti vendita ricariche titolari di autorizzazione ai sensi degli articoli 86/88 del TULPS, abilitati, in forza di appositi accordi contrattuali sottoscritti con i concessionari». Gli esperti prevedono che alla fine si iscriveranno 30.000 Punti Vendita Ricariche sui circa 50.000 attualmente operanti, il che significa che lo Stato incasserà circa 3 milioni di euro.
Il futuro dei Pvr a rischio con le nuove normative del Governo Meloni
I Pvr da tempo rappresentano un punto di riferimento per il gioco, ma anche per l'economia italiana. Si tratta di centri fisici che permettono ai giocatori di ricaricare i propri conti gioco utilizzando denaro contante. Ciò significa che finiscono per facilitare l'accesso ai servizi offerti dai vari siti di scommesse sportive e casinò online, come degli intermediari.
Tuttavia, le nuove regole imposte dal Governo Meloni muteranno i compiti di queste attività. Oltre all'obbligatorietà dell'iscrizione all'albo, infatti, i Pvr sono stati oggetto anche di altre modifiche. Per poter operare sul territorio, queste attività dovranno ottenere specifiche autorizzazioni, dimostrando di possedere i requisiti necessari per la gestione delle operazioni di ricarica, aumentando così la sicurezza dell'intero settore. Lo scopo del Governo è quello di aumentare la trasparenza e il controllo di queste attività, ma così facendo finisce anche per limitarne l'operatività.
Infatti, i Pvr, non solo saranno oggetto di un processo di accreditamento più rigoroso, ma rischieranno anche sanzioni più severe nel caso in cui non rispettino le nuove regole. Inoltre, la nuova normativa impone un limite settimanale di 100 euro per la ricarica del conto gioco in contanti, incentivando così l'uso di mezzi di pagamento tracciabili e registrati. Ciò comporta da parte dei gestori l'adeguamento dei propri sistemi, ma anche una perdita di clientela che rischia di migrare verso il sistema online saltando piè pari i Pvr.
Ė evidente come le nuove normative volute dal Governo Meloni abbiano suscitato più di una preoccupazione, soprattutto per le piccole-medie imprese. Come abbiamo visto, 20.000 Pvr rischiano la scomparsa in seguito alla messa in vigore dell'albo. Il pericolo maggiore è che le filiere commerciali legate ai PVR, possano iniziare a staccarsi dai concessionari di dimensioni medie e piccole prima dell’entrata in vigore del bando, causando perdite occupazionali anche tra i concessionari attualmente in attività.
Per cercare di sopravvivere i Pvr dovranno dunque adottare nuove strategie, anzitutto fungendo da intermediari tra concessionari e governo e, in seconda battuta, mantenendo informati tutti gli attori del settore delle scommesse online.
Un confine sottile tra Internet Point e centri scommesse: la Cassazione fa chiarezza
Se il decreto sul gioco d'azzardo ha rivoluzionato il mondo dei Pvr, rimangono ancora dei punti oscuri che il nuovo provvedimento non ha chiarito. Il più complesso di questi riguarda gli internet point. Attualmente queste rappresentano delle attività che operano all'interno di alcuni esercizi autorizzati con licenza 86 del Tulps. Tuttavia, se questi ultimi venissero riconosciuti come Pvr diverrebbero dei locali di scommessa a tutti gli effetti, nonostante la loro natura sia molto lontana dal mondo dell'azzardo.
A riguardo una recente sentenza della Corte di Cassazione ha messo un punto importante sulla questione. Secondo i giudici «Il gestore di un internet point non risponde del reato in esame per l'utilizzo, da parte di un avventore che si colleghi al computer messo a disposizione, di un conto gioco personale per effettuare giocate on-line su siti di allibratori stranieri». La sentenza ha annullato quella della Corte di appello di Brescia che nel 2023 ha confermato una sentenza con cui un gestore di un internet point era stato dichiarato l'imputato era stato dichiarato «non punibile per particolare tenuità del fatto in ordine al reato contestato per aver abusivamente esercitato attività pubblica di gioco e scommesse senza aver ottenuto il rilascio dell'apposita licenza da parte del questore, utilizzando nell'esercizio commerciale da lui gestito un apparecchio videoterminale sul quale era attiva la piattaforma di gioco messa a disposizione da un bookmaker estero».
Il ricorrente aveva contestato questa sentenza che di fatto non era un'assoluzione piena, nonostante non vi fosse alcuna prova di attività illecita di scommesse, fatto salvo il ritrovamento nel locale di alcuni palinsesti relativi ad eventi calcistici. La Cassazione ha stabilito che l'attività di un gestore di internet point «discende dall'utilizzo degli strumenti messi a disposizione da parte della clientela».
La sentenza afferma dunque che un Internet Point non è un centro di scommesse e che il gestore di questa attività non è punibile per l'utilizzo che i clienti fanno dei terminali messi a disposizione. Ne consegue che non c'è motivo per cui questa attività debba essere assimilata a quella dei Pvr. Bisognerà capire se anche chi dovrà applicare le nuove norme sarà dello stesso parere.