“Pensare al gioco online senza comunicazione fa venire in mente una persona con gli occhi bendati che entra in una stanza e che afferra il primo oggetto che gli capita oppure che inciampa magari facendosi male”, afferma l’esperta in Gaming e fondatrice della BU Gamification, Laura D’Angeli.
Secondo tale accezione l’utente quando entra in internet, non trovando alcuna forma di comunicazione o di guida che possa aiutarlo a destreggiarsi nell’infinità di piattaforme e siti presenti sul web, compie svariati tentativi per capire dove giocare, rischiando di imbattersi e cadere nella rete del gioco illegale con pesanti conseguenze, in quanto è probabile che i siti illegali non gli restituiscano le vincite o clonino la sua carta, a differenza di quanto avviene sui migliori casinò online AAMS.
L’esperta in gaming ritiene che questo rappresenta solo uno degli effetti della mancanza di una corretta comunicazione. “Utilizzo la parola ‘comunicazione’ e non ‘pubblicità’ in quanto il concetto di divieto che è stato inserito nel recente decreto legge Dignità riguarda tutte le forme di interazione con il potenziale consumatore”, precisa.
Continuando nell’analisi sviluppata da D’Angeli viene considerata la situazione che vede coinvolto un potenziale consumatore di scommesse che sta seguendo un evento in Tv e decide di effettuare la sua giocata.
Partendo da tale contesto si aprono alcuni possibili scenari.
Il consumatore è un utente abituale che solitamente gioca da smartphone; molto probabilmente aprirà l’app con cui si dedica di solito all’attività e farà la sua scommessa comodamente seduto sul divano di casa propria. Ma cosa succede se il consumatore non è un giocatore abituale o addirittura non ha mai giocato in vita sua? Sicuramente effettuerà una ricerca su Google dalla quale potrebbero risultare uno o più siti illegali dai quali si sente attratto per il processo di registrazione più rapido (solo mail e carta di credito) o per la promessa di fantastici bonus.
Le cose andrebbero invece diversamente se gli fosse data la possibilità di essere informato preventivamente sull’offerta di gioco legale, sui rischi relazionati al gioco d’azzardo, su come approcciarsi in modo corretto al gioco, senza rilanci di bonus e promozioni e senza eccessi.
Per tale ragione, prosegue l’esperta, all’interesse di tutelare i minori e limitare i casi di disturbo da gioco d’azzardo, dovrebbe unirsi la capacità di individuare ed adottare gli strumenti più appropriati per raggiungere tali scopi.
Non è certo una soluzione adeguata chiudere completamente la comunicazione del gioco in quanto non contribuisce ad eliminare i problemi e soprattutto non rappresenta una forma di tutela del consumatore.
“Il consumatore può essere tutelato solo se adeguatamente informato, ad esempio, attraverso l’uso di specifici strumenti come: il “marketing responsabile o sociale”, l’educazione nelle scuole (per i minorenni) e la formazione dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta sui temi del Dga”, sostiene D’Angeli.
Affidarsi invece ad una comunicazione responsabile centrata sulla sostenibilità sociale del messaggio potrebbe significare lo sviluppo di una comunicazione istituzionale e di brand (ossia di presentazione delle caratteristiche principali dell’azienda in termini di valori, mission e vision); potrebbe aiutare a descrive le misure disponibili per un gioco responsabile (limiti di gioco, di spesa, autoesclusione, etc. ) ed educare il consumatore al primo acquisto (con tutorial); il consumatore imparerebbe a comprendere le differenze tra un sito legale e quello illegale; imparerebbe a capire come funziona il prodotto di gioco ed i suoi rischi.
“Per il settore dei giochi sono tanti gli interventi che possono essere realizzati per contrastare il gioco minorile e il Dga, ma tutto parte dalla corretta informazione e comunicazione. Informare ed educare sono gli imperativi del marketing responsabile. Salviamo la comunicazione responsabile come diritto di informazione del consumatore”, conclude l’esperta.