L'Entertainment Software Association (ESA), l'associazione di categoria dell'industria dei videogiochi in USA si è scagliata contro Donald Trump. Il motivo sarebbe nei dazi imposti dal presidente USA all'importazione di beni da alcuni territori. Trump, subito dopo il suo insediamento ha firmato un ordine che impone dazi del 25% su Canada, Cina e Messico. Inutile dire che i Paesi in questione hanno reagito mettendo a loro volta dei dazi sulle importazioni USA o, nel caso della Cina, avviando azioni legali internazionali presso l'Organizzazione Mondiale del Commercio.
Questa misura sta creando un'escalation che rischia di causare un'impennata dei prezzi in diversi settori, compreso quello dei videogames. Secondo la sopracitata associazione, «i dazi sui dispositivi di gioco e sui prodotti correlati avrebbero un impatto negativo su centinaia di milioni di americani e danneggerebbero i contributi significativi che l'industria apporta all'economia degli Stati Uniti».
La questione Nintendo Switch 2
David Gibson, senior analyst di MST Financial, ha fatto il punto sulla situazione dei videogiochi. Secondo Gibson «l'Impatto delle tariffe cinesi sul lancio di Switch 2 negli Stati Uniti sarà pari a Zero. Infatti, durante il primo mandato di Trump, Nintendo decise di dislocare il 50% della produzione in Vietnam. Ciò significa che la produzione del Vietnam rifornirà gli Stati Uniti, la Cina e il resto del mondo».
Lo stesso concetto è stato espresso dal presidente di Nintendo Shuntaro Furukawa, che ha dichiarato come il prezzo di Nintendo Switch 2 sarà in linea con le politiche di pricing internazionale di Nintendo. Furukawa ha anche confermato come «Nintendo Switch viene prodotto in Cina ma anche in altri paesi come la Cambogia e il Vietnam e prevediamo di fare lo stesso per Switch. Stiamo considerando diversi fattori per riuscire a gestire al meglio la situazione».
Come, però, lo stesso Gibson fa notare, le cose cambierebbero se i dazi «venissero applicati alle importazioni del Vietnam negli Stati Uniti». In quel caso il problema inizierebbe a diventare serio.
L'analisi critica di Piscatella
Mat Piscatella, Gaming Industry Analyst del gruppo Circana ha espresso dei dubbi sugli effetti che i suddetti dazi potrebbero avere sui prezzi al dettaglio dei videogiochi. Secondo la sua analisi vi sarà un «calo netto» nel numero di titoli distribuiti in formato retail negli Stati Uniti, dato che una vasta porzione dell'infrastruttura di produzione risiede in Messico e che non è semplice ipotizzare uno spostamento della produzione nel breve periodo.
La sua opinione è che, se i dazi proseguiranno vi saranno degli inevitabili aumenti dei prezzi non solo per i supporti fisici, ma anche per i i giochi in formato digitale. Lo scopo, sempre secondo l'analista, sarebbe quello di cercare di mantenere un principio di equità tra i due prodotti, per non sfavorire il comparto retail, già in discesa negli ultimi anni.
Inoltre, sempre secondo Piscatella, in risposta ai dazi, le aziende potrebbero decidere di spostare la produzione da Paesi come il Messico, in altri luoghi dove i costi sono più convenienti. Tuttavia, specifica, un'operazione di questo genere comporterebbe investimenti significativi, in un settore che è già in difficoltà.
Le previsioni della Consumer Technology Association
La Consumer Technology Association ha effettuato uno studio sugli impatti che i dazi voluti da Trump avrebbero su dieci prodotti tecnologici di consumo, tra cui smartphone, laptop, tablet, dispositivi connessi, console e accessori per PC.
Secondo lo studio, non ci sarà alcun miglioramento dell'economia nazionale quanto piuttosto un peggioramento della reputazione degli Stati Uniti. L'analisi ha previsto i seguenti aumenti: Nel caso in cui i produttori riversassero gli incrementi di costo tutto sul consumatore, avremmo: +46% per laptop e tablet, +40% per console, +20% per smartphone, + 10,9% per accessori Pc, +31,2% per monitoor e +6,2% per Pc desktop.
Ciò finirebbe per causare una riduzione del potere di acquisto negli USA stimata in 90 miliardi di dollari. Inoltre, conclude lo studio, tali dazi non porterebbero ad un «ritorno all'ovile» (ovvero negli Stati Uniti) delle aziende, dato che lì i costi di produzione arebbero comunque troppo alti. Si prevede, invece, che le aziende decidano di abbandonare la Cina per un Paese con una tassazione più conveniente. Insomma: l'autogol sarebbe doppio. Non rimane che attendere e vedere quali di queste previsioni si rivelerà esatta.