Nel paese dove praticamente è concesso tutto, dalla prostituzione minorile ai bagordi delle notti sulle coste di Maracaibo, vige una sorta di censura nei confronti del gioco d’azzardo
Le contraddizioni fanno parte della vita di tutti giorni e da sempre incarnano l’essere incoerente dell’uomo. Non c’è bisogno di un’analista per capire che le contraddizioni siano da un lato frutto dell’insicurezza nel prendere delle posizioni, mentre dall’altro siano figlie di una società abituata (meglio obbligata) a seguire dei cliché per non risultare profana. Tale considerazione calza proprio a pennello con la storia del gambling in Brasile.
Tutti i riflettori del mondo sono puntati in questi giorni sulla rassegna iridata sudamericana, una sorta di ‘carnevale calcistico’ per allietare le masse e dimenticare i problemi che si celano dietro l’organizzazione di un evento fantasmagorico come un Mondiale di calcio. Nel paese dove praticamente è concesso tutto, dalla prostituzione minorile ai bagordi delle notti sulle coste di Maracaibo, vige una sorta di censura nei confronti del gioco d’azzardo, acuita da una legge approvata nel 2002 durante la presidenza Lula.
Era il lontano 30 aprile 1946, la seconda guerra mondiale era ormai alle spalle, quando il presidente Eurico Gaspar Dutra firmò il decreto legislativo numero 9215 che vietava i casino in tutto il Paese. Una scelta in netta contraddizione con quella degli Stati Uniti, da sempre modello a cui ispirarsi di un micro-continente che non ha mai avuto la forza e il coraggio di opporsi alle direttive dello storico alleato. Un proibizionismo presumibilmente mirato per rafforzare il monopolio di Atlantic City e Las Vegas, un proibizionismo indotto per cercare di limitare i flussi turistici verso un paese dalle mille bellezze. Ma nella stanza dei bottoni è difficile capire quali siano i diktat imposti ai presidenti.
Il Brasile rimase così la terra del calcio e il paese degli eccessi, soprattutto quelli legati alla movida e al turismo sessuale. Una scelta imposta dai poteri forti, magari studiata a tavolino per limitare il potenziale economico di uno dei competitors in ambito internazionale. Il gioco d'azzardo è ancora un tabù in tutto il vastissimo territorio federale, fatta eccezione per i casinò ospitati dalle lussuose navi da crociera che fanno scalo nelle principali località turistiche della costa verdeoro. Gli unici sopravvissuti della censura, sale bingo e slot machine, furono bandite per sempre nei primi anni del terzo millennio sempre da un decreto legge approvato dal governo Lula.
Quello che più mi sorprende è come in un paese all’apparenza libero di restrizioni mentali non sia presente nemmeno una e una sola casa da gioco, strutture di entertainment che avrebbero potuto tramutarsi in forza lavoro e indotti cospicui per molti territori e persone destinate all’oblio. La prostituzione e il mercato del sesso, oltre al variegatissimo patrimonio naturale, restano le uniche e sole attrazioni di un paese condannato ad essere la patria della fiesta.