Negli scorsi giorni si è tornato a parlare di riforma del calcio italiano. A questo proposito si è pertanto tenuta una audizione alla Commissione Cultura del Senato, in cui tra i temi trattati c’è stato anche quello spinoso delle scommesse sportive, sempre bistrattate ma direttamente collegate al calcio italiano per ovvie ragioni.
Tra gli interventi, di notevole interesse quello di Alfonso Morrone, numero uno di Adiscos, l’associazione dei direttori e collaboratori sportivi: “Come Adiscos riteniamo opportuno eliminare il divieto di sponsorizzare società di betting e chiediamo che venga riconosciuto allo sport una piccola royalty sugli eventi su cui si scommette” - ha sottolineato, non mancando di rimarcare che lo sport, a suo dire, non ottiene un centesimo dal mondo del betting.
Morrone è stato altrettanto perentorio sul tema pubblicità: “Il Decreto Dignità ne ha introdotto il divieto ai fini del contrasto alla ludopatia. Ma, a conti fatti, dal 2019 le scommesse sono cresciute del 32% dimostrando che questa misura non ha ottenuto gli effetti sperati. Si devono cercare altre soluzioni, altrove”.
Sulle scommesse il punto è chiaro: si gioca su tutti gli eventi sportivi, ma nella stragrande maggioranza dei casi si parla di eventi calcistici. E i numeri riflettono la realtà: 16,5 miliardi di euro è la cifra spesa in scommesse nel 2022. Numeri importanti ed imponenti, ma che nulla portano al sistema calcio. Solo all’Erario, per una cifra pari a circa 342 milioni di euro. Pertanto Morrone non ha mezze misure: “Il momento di riconoscere una percentuale allo sport è questo”.
Ma di che percentuale si parla?
Un prelievo anche piccolo – secondo il presidente di Adiscos – anche pari all’1% sui ricavi dal betting potrebbe generare un introito di 160 milioni di euro da redistribuire in quota parte alle varie Federazioni facenti capo al Coni: “Con la riduzione delle giocate del Totocalcio si deve far leva sui prelievi da trasformare in introiti per il sistema sportivo nazionale. Dal 1946 al 2003 la classica “schedina” ha finanziato lo sport, rimpinguando le casse dello Stato, del Coni e di tutte le federazioni”.