Dopo un lungo periodo scandito dalla pandemia, le aziende italiane provano a ripartire. Ad illustrare la loro attuale situazione, il Report pubblicato di recente dall'Istat recante il titolo “Situazione e prospettive delle imprese dopo l'emergenza sanitaria Covid-19”. I dati sono stati raccolti nel periodo che va dal 16 novembre al 17 dicembre 2021, aggiornando così le informazioni precedenti e andando ad inquadrare in completezza la situazione delle imprese nel periodo pandemico.
Secondo lo studio, l'80% delle imprese italiane, stima di arrivare ad una situazione di completa o parziale solidità entro la prima metà del 2022. Tale dato lascia intravedere qualcosa di positivo, ma vi sono altre imprese che vivono una situazione completamente opposta. Il 3% di queste si considera gravemente a rischio.
Una buona notizia arriva sul fronte dell'occupazione. Si stima che quasi il 10% delle imprese abbiano assunto nuovo personale nella seconda metà del 2021. Una discreta percentuale, invece, pari al 12,1% sta assumendo. La maggior parte di tali imprese, però, lamentano difficoltà nella ricerca delle competenze necessarie.
Il ricorso ai prestiti per finanziare le attività
Un dato molto importante emerso nel report riguarda la richiesta di prestiti da parte delle imprese. Si stima che circa il 22% di quelle che hanno almeno 3 dipendenti, ha richiesto crediti bancari o strumenti finanziari alternativi per sostenere le proprie attività. A queste si aggiungono poi il 18,5% delle grandi imprese e il 25,6% di quelle medie. Le quote richieste sono direttamente proporzionali al rischio calcolato dalle imprese in merito alla loro attività. In media, chi pensa di avere un'attività solida richiede una quota pari ad un quinto, chi si giudica a rischio, ritiene necessaria una quota del 30%.
Lo studio ha decretato che la maggior parte dei prestiti, circa l'87%, vengono richiesti dalle imprese per coprire i costi relativi ad un'attività in corso di svolgimento. Per quanto riguarda i restanti, essi vengono richiesti dalle imprese, in primis per coprire costi fissi non comprimibili, come ad esempio i canoni di locazione (62,2%), in seguito per il pagamento dei debiti (58,2%) e infine per accumulare liquidità (54,6%). Una piccola minoranza chiede prestiti per coprire i costi di conversione della propria attività. I prestiti più ricorrenti sono quelli richiesti dalle piccole e medie imprese.
Il diverso impiego settoriale dei prestiti
Dallo studio è emerso un certo trend riferito all'impiego dei prestiti relazionato ai diversi settori lavorativi. Non si riscontrano sostanziali differenze tra i settori per quanto riguarda l' impiego finalizzato al finanziamento delle attività in corso di svolgimento. Per quanto riguarda, invece, la copertura dei costi comprimibili, tali prestiti sono molto più richiesti dalle imprese del terziario. Tra queste spiccano agenzie di viaggio (86,1%), istruzione (81,6%), alloggio e ristorazione (81,0%), attività artistiche e di intrattenimento (74,2%).
Il settore dei servizi, in particolare alloggio e ristorazione (71,0%) e servizi alla persona (63,3%), fanno affidamento sui prestiti principalmente per ripagare i propri debiti. I servizi di somministrazione di personale (85,4%), attività postali e di corriere (84,5%), attività editoriali (71,6%) e professionali (60%) adoperano i prestiti per accumulare liquidità. A queste si affianca anche il settore dell'industria, in particolare quello dell'informatica, elettronica e farmaceutico.
Le lotterie e case da gioco, - tra cui rientrano anche alcuni dei migliori casinò online italiani - in una misura pari al 47,5%, figurano tra le imprese che richiedono prestiti finalizzati alla riconversione delle proprie attività. Tra queste, in misura minore, vi sono anche le imprese di gestione rifiuti e rete fognaria (più del 40%) e ristorazione (43%).